Ted Bundy

Faceva a pezzi suoi cadaveri

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    Nome completo: Theodore Robert Bundy
    Data di nascita: 24 novembre 1946
    Data di morte: 24 gennaio 1989
    Numero di vittime accertato: oltre 23
    Modus operandi:Stalker camaleontico


    L’infanzia
    Theodore Robert Cowell nacque il 24 novembre del 1946 dalla 21enne Eleanor Louise Cowell in un istituto per madri non sposate a Burlington (Vermont).
    Eleanor intendeva dare il bambino in adozione, per non dare scandalo con un figlio nato al di fuori del matrimonio. Subito dopo averlo abbandonato, però, si pentì della decisione e tornò indietro per riprenderlo con sé. Scelse di far credere a tutti che Theodore fosse figlio dei suoi genitori, dai quali tornò a vivere a Philadelphia.

    Fin dall’inizio questa situazione alimentò una certa confusione riguardo all’identità di Ted, dettata soprattutto dal bizzarro comportamento della madre. Pur asserendo di esserne la sorella, Eleanor prima portò Theodore a vivere con sé a Tacoma, nello stato di Washington, nel 1950, e poi ne cambiò il secondo nome in Nelson (forse per farlo passare come orfano di padre).
    A tracoma, Eleanor decise di cambiare legalmente il proprio nome in “Louise” e conobbe il cuoco John Culpepper Bundy, che sposò il 19 maggio del 1951.
    In quell’occasione, Theodore cambiò definitivamente il proprio nome in Theodore Robert Bundy.

    Nonostante ne avesse assunto il cognome, Ted non mostrò di essere particolarmente legato al patrigno. Continuò invece a considerare come figura paterna il nonno, descritto come un uomo dal temperamento violento e con un grande interesse per la pornografia. Louise e Johnnie ebbero altri quattro figli, di cui spesso Ted si occupava in prima persona come babysitter.

    La sua adolescenza trascorse tranquillamente, tra la scuola e il suo impegno come membro dei Boy Scouts locali. Era un ragazzino timido, vestito sempre elegantemente e spesso preso di mira dai bulli della scuola e dagli altri compagni. In alcuni episodi i professori descrissero "inquietante ed estremamente violento” il suo comportamento.
    Gli impulsi criminali di Bundy non tardarono comunque a manifestarsi più apertamente: fu accusato di spiare donne dalle finestre e di rubare vestiario nei negozi.

    L’università e Stephanie
    Nel 1965 prese il diploma e ottenne una borsa di studio per l’Università di Puget Sound (Tacoma, Washington), dove una leggenda locale narra che Bundy sotterrò la sua prima vittima sotto la Fontana Thompson.
    Dopo due semestri a Puget Sound, Ted si trasferì all’Università di Washington. Qui conobbe la giovane Stephanie Brooks, una ragazza con i capelli lunghi e mori portati con la riga in mezzo che proveniva da una benestante famiglia californiana. Stephanie rappresentò per lui non solo il primo amore, ma soprattutto la prima esperienza in campo sessuale.

    Per qualche tempo i due apparvero come una coppia felice, ma presto l’inadeguatezza che Ted sentiva nei confronti di Stephanie cominciò a emergere.

    Bundy si trasferì di nuovo, nell’autunno del 1968, alla Stanford University di Palo Alto e il rapporto con Stephanie si guastò al punto che lei lo lasciò. La sua tendenza a non confidarsi e a manipolare gli altri aveva rovinato la loro storia. Inoltre, Stephanie sentiva che Ted, oltre a non appartenere alla sua stessa classe sociale e ad aver mentito più volte per fare colpo su di lei, non aveva obiettivi nella sua vita e lei non intendeva impegnarsi con un uomo come lui.

    Ted ne uscì distrutto, e cominciò a spostarsi senza una meta precisa. Finì così di nuovo nella sua città natale, Burlington, all’inizio del 1969. Qui scoprì la verità sulla sua nascita: la donna che aveva cercato di farlo crescere come se fosse suo fratello, era in realtà la sua madre naturale.

    Non è possibile sapere quali furono gli effetti di una tale verità su Ted Bundy.
    Il ragazzo tornò a Washington e cercò di riprendere la sua relazione con Stephanie, ma fu respinto. Deciso a riaverla al suo fianco e a mostrarsi alla sua altezza, l’autunno seguente ricominciò a studiare all’Università di Washington, seguendo corsi di psicologia. Da studente medio si trasformò in uno studente eccellente; inoltre iniziò a essere coinvolto nella politica locale, lavorando alle campagne elettorali del repubblicano nero Art Fletcher, candidato per la carica di vicegovernatore.

    Nel tempo libero, Ted cominciò a operare come volontario al centro telefonico della Seattle Crisis Clinic, un’organizzazione no-profit che, attraverso i propri telefonisti, cercava di dare assistenza ai bisognosi e anche alle vittime di stupri.
    Qui divenne amico di Ann Rule, la donna che anni dopo avrebbe descritto la sua vita e i suoi crimini nel best-seller The Stranger Beside me (Un estraneo al mio fianco).

    In quel periodo, inoltre, conobbe Meg Anders, una divorziata che lavorava come segretaria. I due cominciarono a frequentarsi e Meg si innamorò di lui: Bundy la trattava con gentilezza e ricopriva il ruolo di figura paterna per la bambina nata dal matrimonio della donna. Ma, nonostante la loro relazione, Ted non intendeva rinunciare a Stephanie, con la quale si tenne in contatto tramite lettere e telefonate.

    I due anni seguenti, Bundy continuò a lavorare alle campagne politiche del Partito Repubblicano dello Stato di Washington, collaborò alla stesura di un opuscolo per le donne riguardo la prevenzione dello stupro e iniziò a fare domanda a numerose scuole di legge per diventare avvocato. Proprio in quel periodo, fu decorato come “eroe” dalla polizia di Seattle per aver salvato la vita a una bambina di tre anni che rischiava l’affogamento in un lago.

    Nell’estate del 1973, Bundy si laureò all’Università di Washington, e fu presto accettato alla scuola di legge dell’università dello Utah. Tuttavia, forse per la relazione con Meg o per il suo impegno con il Partito Repubblicano, Ted decise di non frequentare la scuola fino all’anno seguente.

    Durante uno dei viaggi per il partito, Bundy rivide Stephanie e, forte della sua nuova immagine di uomo di successo, la frequentò segretamente per alcuni mesi e fece in modo che lei si innamorasse del nuovo Ted Bundy. Nessuna delle due donne di Bundy sapeva dell’esistenza dell’altra, ma soprattutto entrambe erano inconsapevoli della trasformazione che questi aveva subito.

    Tra la fine del 1973 e l’inizio del 1974 Ted smise improvvisamente di cercare Stephanie e diventò insensibile nei suoi confronti. Nel febbraio 1974, quando la ragazza lo chiamò per avere delle spiegazioni sul perché l’avesse lasciata, Ted si mostrò impassibile e mise giù il telefono. Stephanie non lo vide né lo sentì più. Freddo e calcolatore, Bundy aveva fatto in modo che la ragazza si innamorasse di lui per poterla scaricare nello stesso modo in cui lei l’aveva piantato in precedenza.

    Il primo omicidio
    Nel 1974 ebbe inizio la spirale di morte che avrebbe trasformato un’affascinante e seducente promessa del partito repubblicano in uno spietato serial killer.
    Ted Bundy scelse metodicamente ogni vittima: ognuna evocava nell’aspetto la figura snella di Stephanie e i suoi capelli neri con la riga in mezzo.

    Il 4 gennaio del 1974, la diciottenne Joni Lentz divenne la sua prima vittima.
    Joni divideva un appartamento a Seattle con diverse compagne e quella mattina, quando non scese per la colazione, nessuna di loro pensò che qualcosa non andasse. Solo con il passare delle ore, si insospettirono e decisero di controllare che stesse bene. Joni sembrava essere sveglia quando entrarono nella sua stanza ma, non appena si avvicinarono, si resero conto con orrore che giaceva in una pozza di sangue. Quando scostarono le coperte, vennero colte dal terrore e dal raccapriccio: una delle aste dell’intelaiatura del letto era stata spezzata e usata per picchiare Joni sul viso e sulla testa ed era stata poi conficcata profondamente nella sua vagina. Nonostante la violenza, sembrava che Joni respirasse ancora, così le sue compagne chiamarono i soccorsi e la polizia locale.
    Quando l’unità mobile arrivò, la ragazza era in coma. Era riuscita a sopravvivere all’aggressione ma aveva subito danni cerebrali e lesioni interne molto gravi. Non ricordava nulla dell’accaduto.
    Bundy era riuscito a entrare e a scappare grazie a una finestra lasciata aperta.

    Gli omicidi successivi
    Meno di un mese dopo l’aggressione di Joni Lentz, Lynda Ann Healy scomparve dalla sua stanza seminterrata a Seattle. Macchie di sangue furono trovate sul letto, mentre le lenzuola e il cuscino erano scomparsi. Inizialmente la polizia non credette che potesse trattarsi di un omicidio, così nella stanza non vennero prelevate impronte e una macchia sul letto, apparentemente di liquido seminale, non venne mai analizzata. La porta che portava direttamente all’esterno fu trovata aperta. Forse Lynda aprì spontaneamente la porta a Bundy.

    Nei mesi seguenti, tra la primavera e l’estate del ’74, almeno altre cinque ragazze scomparvero in circostanze misteriose in un triangolo compreso tra tre stati: Utah, Oregon e Washington. Tuttavia gli investigatori non furono subito inclini a pensare che, dietro a queste sparizioni, vi fosse un unico assassino.

    Il 17 giugno del 1974 la giovane Brenda Baker fu ritrovata morta in un parco. La causa della sua morte non poté essere stabilita a causa dello stato delle sue spoglie.

    Appena due mesi dopo, nel parco del lago Shammanish di Washington, vennero trovati i resti di altre due ragazze, scomparse entrambe il 14 di luglio: Janice Ott e Denise Naslund. Ciocche di capelli di vario colore, quattro ossa del femore, due teschi e un osso della mascella furono identificati solo grazie all’encomiabile lavoro della polizia e del medico legale. Janice Ott era stata vista viva per l’ultima volta da una coppia che faceva un picnic sulla riva del lago. Avevano visto la ragazza con un giovane uomo attraente e li avevano sentiti parlare. Lui si era presentato come Ted e portava un’ingessatura al braccio: le aveva chiesto un aiuto per caricare la sua piccola barca sul tetto del suo maggiolino Volkswagen in quanto si era rotto un braccio giocando a tennis.

    Letta questa storia su un giornale locale, una ragazza di nome Janice Graham riferì alla polizia di essersi ritrovata in una scena simile con lo stesso individuo. Arrivata però alla sua auto si era resa conto che non c’era nessuna barca da caricare e non aveva accettato di seguire l’uomo fino alla casa dei suoi genitori sulla collina, dove Ted sosteneva che la barca si trovasse, e dove lei avrebbe potuto aiutarlo. Janice Graham aveva rifiutato perché aveva ritenuto che fosse troppo rischioso andare con lui. Più tardi aveva visto Ted con un’altra ragazza.

    Grazie a Janice Graham e agli altri testimoni che avevano visto l’uomo nel parco, fu possibile tracciare un primo identikit. Gli investigatori dei tre stati in cui erano avvenute le sparizioni cominciarono a collaborare tra loro.

    Leggendo dei casi e vedendo l’identikit su un giornale, un’amica di Meg le fece notare che avrebbe potuto trattarsi del suo Ted. La segnalazione di Meg si unì a tutte le altre, ma la polizia scartò immediatamente l’ipotesi che un giovane studente di legge che lavorava a tempo pieno per il partito repubblicano potesse essere implicato.
    In quel periodo Ted Bundy si spostò a studiare legge all’università dello Utah e anche qui commise altri omicidi di giovani donne.

    Il 18 ottobre del 1974 la diciassettenne Melissa Smith scomparve mentre tornava a casa da una festa a Midvale, Utah. Il suo cadavere fu trovato il 27 dello stesso mese al Summit Park, vicino a Salt Lake City. La ragazza era nuda ed era stata picchiata, stuprata, sodomizzata, e strangolata con le sue stesse calze. Sporcizia e rametti erano stati infilati nella sua vagina e sembrava che l’assassino l’avesse truccata prima di gettarla via.

    Laurie Aimee fu vista per l’ultima volta il giorno di Halloween a Lehi, Utah. La scomparsa della diciassettenne non fu denunciata per quattro giorni e il suo corpo fu ritrovato il giorno del Ringraziamento da un escursionista nell’American Folk Canyon. Anche Laurie era nuda: era stata violentata, sodomizzata e picchiata. Era morta per strangolamento e forse i suoi capelli erano stati lavati prima che il suo corpo venisse abbandonato.

    Tuttavia, Bundy fece il suo primo passo falso.
    L’8 novembre del 1974 si avvicinò alla diciottenne Carol De Ronch in un centro commerciale a Murray (Utah) e, presentandosi travestito da agente di polizia, la informò che la sua auto aveva subito un tentativo di furto. Carol De Ronch salì sull’auto di Bundy convinta che sarebbe stata portata a una stazione di polizia per fare una regolare denuncia. Ma Ted fermò brutalmente la macchina, tirò fuori una pistola e le ammanettò un polso. Carol lottò e riuscì a fuggire prima che Bundy potesse bloccarle anche l’altro polso. Nella fuga si imbatté in un motociclista di passaggio che la portò alla polizia.
    Carol riuscì a dare una descrizione dell’uomo e della sua auto. Fu notata una somiglianza con un altro omicidio avvenuto nello stato di Washington, ma sulle manette non furono trovate impronte e una macchia di sangue sul collo di Carol non fu sufficiente per poter fare dei test.

    Poche ore dopo la fuga di Carol De Ronch e a sole diciassette miglia di distanza, Debbie Kent scomparve dalla Viewmont High School di Bountiful, Utah. Era uscita in anticipo dalla lezione di teatro per andare a prendere a scuola il fratellino, ma la sua auto non lasciò mai il parcheggio. Alcune persone riferirono di aver sentito delle urla. L’insegnante di recitazione Raelynn Shepard testimoniò che uno strano uomo l’aveva avvicinata cercando di farle credere che era successo qualcosa alla sua auto nel parcheggio della scuola: era lo stesso trucchetto che Bundy aveva usato con Carol De Ronch. Un altro testimone raccontò di aver visto un maggiolino Volkswagen allontanarsi velocemente dal parcheggio della scuola.
    Sul terreno fu trovata una chiave che apriva le manette che Carol De Ronch aveva ai polsi. Debbie Kent non fu più ritrovata, né morta né viva.

    Gli omicidi si interruppero per quattro mesi. Ripresero in Colorado, dove almeno quattro giovani donne scomparvero misteriosamente tra il gennaio e l’aprile del 1975. Una di esse fu ritrovata morta a poche miglia da dove era sparita. Era stata violentata e percossa.
    Nello stato di Washington l’investigatore Bob Keppel lanciò una massiccia perquisizione nel secondo maggiore luogo di scarico di rifiuti dello stato: l’area Taylor Mountains. Ancora prima che fosse terminata, i teschi rotti di quattro delle ragazze scomparse erano già stati ritrovati. Uno di essi era stato trasportato fin lì dall’Oregon. Non furono rinvenuti altri resti.
    Le Taylor Mountains divennero ufficialmente il luogo di sepoltura delle vittime dell’assassino.

    La task force di Washington stilò una lista di venticinque sospettati e focalizzò le indagini su di essi. Bundy non faceva parte di questa rosa, ma la buona sorte intervenne per aiutare gli investigatori il 16 agosto del 1975.

    Il primo arresto
    Quel giorno, l’ufficiale della stradale dello stato dello Utah Bob Haywood (per coincidenza fratello del detective Pete Haywood di Salt Lake City coinvolto nelle indagini degli omicidi compiuti nello Utah) notò un maggiolino Volkswagen di colore chiaro nei dintorni di Granger, Utah. Conoscendo tutti i veicoli e le persone che abitavano nella sua zona, Haywood accese le luci per fermare l’automobile, ma essa schizzò via ad alta velocità saltando un paio di semafori rossi prima di accostare. L’ufficiale Haywood chiese i documenti e il guidatore si presentò come Ted Bundy. L’agente fu subito insospettito dal fatto che mancasse il sedile del passeggero.

    Bundy fu fermato per non aver accostato e essere fuggito. La sua auto fu perquisita e, tra le altre cose, fu trovata una spranga, un passamontagna, un rompighiaccio e un paio di manette.
    Appena dopo il suo arresto, gli investigatori di Salt Lake cominciarono a collegare Bundy all’aggressione di Carol De Ronch. Lo accusarono di possesso di attrezzi da scasso il 21 agosto e perquisirono il suo appartamento, senza trovare nulla di incriminante. Una foto di Bundy fu mostrata a Carol De Ronch, senza però che lei potesse identificarlo come suo assalitore: al momento dell’aggressione Ted era travestito. Al contrario, l’insegnante Raelynn Shepard lo riconobbe come l’uomo che aveva cercato di spingerla nel parcheggio prima della sparizione di Debbie Kent.

    Fu sufficiente per mettere Bundy sotto sorveglianza e sotto indagine. Presto fu arrestato e accusato dell’aggressione di Carol De Ronch. Alcuni capelli trovati nella sua auto furono identificati come appartenenti ad alcune delle ragazze scomparse. Anche Meg Anders, che per sei anni aveva frequentato Ted, raccontò agli investigatori particolari interessanti sulle abitudini notturne di Bundy, le sue rozze pratiche sessuali e sul fatto che l’aveva visto in possesso di grucce, stucco per gesso e baffi finti.
    Le prove erano singolarmente circostanziali, ma messe tutte insieme formavano un quadro molto potente.

    L’opposizione generale della gente comune alle accuse divenne evidente quando Ted Bundy fu portato davanti alla corte dello Utah. Era uno studente di legge che aveva lavorato per il partito repubblicano e appariva un ragazzo così pulito e a modo che la maggior parte delle persone pensò che si trattasse di un errore. Ma il processo venne aperto comunque e Bundy fu condannato come assalitore di Carol De Ronch: non aveva alibi, la vittima fu in grado di identificarlo e la sua auto era identica a quella usata al momento dell’aggressione. Nel frattempo, i testimoni del lago Shammanish di Washington lo identificarono come il Ted che si aggirava nel parco per chiedere aiuto a giovani donne.

    Ted fu rinchiuso in carcere in attesa della sentenza definitiva, che poteva oscillare da uno a quindici anni. Nel frattempo, l’FBI trovò le prove necessarie per processarlo per un altro omicidio in Colorado e Ted fu estradato per il processo.

    Licenziati i suoi avvocati, Bundy decise di difendersi da solo.
    Inoltre gli venne garantito l’accesso alla biblioteca del carcere e, durante una delle sue ore di permesso, Ted Bundy riuscì a evadere da una finestra.

    La striscia omicida ricomincia
    Dopo sei giorni di fuga Bundy fu ripreso, ma sette mesi dopo, il 30 dicembre del 1977, un nuovo tentativo di evasione andò a buon fine.
    La prigione emise un comunicato ufficiale solo quindici ore dopo la fuga, ma Bundy era già lontano.
    Arrivò a Vail (Colorado), prese un autobus a Denver e un aereo per Chicago. Rubò una macchina con la quale arrivò ad Atlanta, e infine prese un altro autobus con cui arrivò a Tallahassee (Florida), dove affittò un appartamento vicino a un campus universitario facendosi chiamare Chris Hagen.
    Visse di espedienti e furti.

    Il 14 gennaio del 1978 aggredì quattro componenti delle Chi Omega. Una compagna che rientrava nella casa della confraternita trovò due ragazze morte nei loro letti: erano state picchiate e strangolate, e a una di loro era stata infilata una bomboletta nella vagina e nell’ano. Altre due compagne riuscirono a sopravvivere all’aggressione nonostante fossero state picchiate ferocemente e sanguinassero copiosamente.

    La stessa notte Bundy picchiò a sangue Cheryl Thomas, che sopravvisse nonostante il suo cranio fosse fratturato in cinque punti.

    Ted cominciò a diventare avventato. Cercò di aggredire una ragazzina a Jacksonville, che fu però difesa dal fratello.

    Infine, il 9 febbraio 1978, la dodicenne Kimberly Ann Leach fu rapita dalla sua scuola a Lake City, Florida. Quando scomparve, si stava spostando da un edificio della scuola a un altro. Fu vista da un testimone mentre veniva accompagnata da un bell’uomo verso un furgone bianco. Il suo corpo fu trovato il 12 aprile a 30 miglia di distanza. La causa della morte non poté essere stabilita a causa della decomposizione avanzata. Il cadavere era parzialmente mummificato.

    Dopo l’omicidio Leach, Bundy tornò al suo appartamento a Tallahassee e abbandonò il furgone bianco in un quartiere malfamato, dove non venne mai ritrovato.
    Rubò un altro veicolo, ma venne fermato dalla polizia per un controllo. Riuscì a fuggire mentre l’agente di polizia controllava i documenti. Tornò al suo appartamento, lo ripulì dalle sue tracce e si spostò con un’altra auto rubata a Pensacola, Florida. La targa della macchina venne riconosciuta da un altro ufficiale e a Bundy fu intimato di uscire dal veicolo. Cercò di farsi sparare ma dopo una breve colluttazione fu arrestato di nuovo.

    Il nuovo processo: la condanna a morte
    Inizialmente Ted Bundy diede un nome falso alla polizia di Pensacola, ma presto la sua vera identità venne fuori. Era stato aggiunto alla lista dei dieci criminali più ricercati d’America redatta dall’FBI.
    Fu accusato degli omicidi delle ragazze della Chi Omega e di quello di Kimberly Leach.
    Cercò di nuovo di fare dei giochetti, chiedendo che il giudice prima e il suo team difensivo poi, fossero sostituiti. Entrambe le mozioni furono rifiutate.

    Il processo per gli omicidi della casa delle Chi Omega si tenne quasi un anno dopo, nel 1980. La difesa chiamò a testimoniare anche Louise Bundy, durante la cui deposizione Ted si mise a piangere.
    Ma le impronte dentarie sui cadaveri furono una prova troppo evidente della sua colpevolezza. Nel tentativo di avere un testimone schiacciante in meno, Bundy si avvantaggiò di una legge della Florida per cui qualunque dichiarazione di matrimonio alla presenza degli ufficiali della corte era ritenuta valida e legalmente vincolante: propose alla sua ragazza attuale, Carol Ann Boone, una vecchia compagna di università, di sposarlo. Lei accettò e divenne sua moglie.
    Poche ore più tardi arrivò la sentenza di morte.

    Il giudice Edward Cowart pronunciò queste parole nella sentenza:
    «È stabilito che siate messo a morte per mezzo della corrente elettrica, che tale corrente sia passata attraverso il vostro corpo fino alla morte. Prendetevi cura di voi stesso, giovane uomo. Ve lo dico sinceramente: prendetevi cura di voi stesso. È una tragedia per questa corte vedere una tale totale assenza di umanità come quella che ho visto in questo tribunale. Siete un giovane brillante. Avreste potuto essere un buon avvocato e avrei voluto vedervi in azione davanti a me, ma voi siete venuto nel modo sbagliato. Prendetevi cura di voi stesso. Non ho nessun malanimo contro di voi. Voglio che lo sappiate. Prendetevi cura di voi stesso».

    L’epilogo
    Durante le visite coniugali in carcere, Carol rimase incinta e nell’ottobre del 1982 diede alla luce una bambina. In seguito lei e Ted non ebbero più rapporti.
    Bundy continuò a sostenere la propria innocenza e cominciò a richiedere una serie estenuante di appelli.
    Nel 1986 riuscì a evitare l’esecuzione della pena capitale per due volte. Negli anni di carcere, si tenne in contatto epistolare con Ann Rule e offrì la propria assistenza e consulenza agli investigatori che si occupavano del caso del Green River Killer, assassino seriale dello stato di Washington.

    Il 17 gennaio 1989 fu proclamata la sentenza definitiva di morte.
    Ted e i suoi avvocati proposero alle famiglie delle vittime di richiedere la proroga di altri tre anni per l’esecuzione affinché Bundy avesse il tempo di confessare gli altri omicidi. Nonostante molti non conoscessero il destino di figlie, sorelle e nipoti, tutte le famiglie rifiutarono.

    Alle 7.06 del 24 gennaio 1989, Theodore Robert Bundy fu giustiziato con una scarica di oltre 2.000 Volt, che attraversò il suo corpo per dieci minuti. Fu proclamato morto alle 7.16 del mattino.
    Con una procedura insolita, il suo corpo fu cremato e le ceneri sparse sulle Taylor Mountains dello stato di Washington, dove i resti di molte sue vittime erano stati scoperti.

    Filmografia su Ted Bundy
    Ecco una lista dei principali film e documentari ispirati alle vicende di Ted Bundy:

    Ted Bundy (di Matthew Bright, USA, 2002)

    Bundy: An American Icon (di Michael Feifer, USA, 2008)

    The Deliberate Stranger (di Marvin J. Chomsky, USA, 1986)

    Ted Bundy: Natural Porn Killer (di Sascha Olofson, Gran Bretagna, 2006)

    Murder: No Apparent Motive (di Imre Horvath, USA, 1984)

    Edited by -trick- - 31/12/2008, 00:29
     
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  2. -trick-
     
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    questo però non ha la Rr moscia e non fa rap!
    ....uccide in compenso!!
    aahauhauhau
     
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  3. vinho aka white shark
     
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    beh, il "nostro" ted bundy UCCIDE cn le rime....
     
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2 replies since 30/12/2008, 23:55   394 views
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